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Ferrara, Comacchio e segnali




Ci lasciamo alle spalle il mare per raggiungere la pianura ferrarese.

Essendo giugno, questa potrebbe sembrare un’idea del tutto folle, e di fatti lo è, ma noi siamo contenti perché Cà Tiraglio ci trasmette una forte sensazione di casa.

Quando si viaggia come stiamo viaggiando noi, i legami si costruiscono in fretta e invadono il corpo ancor più velocemente. Così tornare da Caterina ci sembra come tornare da quell’amica di una vita intera che non rivediamo da anni.

Dall’istante in cui si tocca con mano che la vita è subito, non esistono più né un prima né un poi; si vive, punto, e questo ci rende ancora più trasparenti, più onesti, più noi.

Anche Caterina sembrerebbe pensarla allo stesso modo perché quando ci accoglie lo fa senza quella timidezza della prima volta, ci abbraccia seppur con cautela, e non è in grado di controllare il suo sguardo felice di vederci ma già indirizzato al weekend di relax che la attende. Non va in vacanza da anni, è la prima volta che affida il suo bellissimo podere a qualcun altro (per di più “estranei”). Ci riempie di piccole raccomandazioni che risultano però fondamentali all’interno di quel suo equilibrio di erba tagliata e recinzioni ordinate. I suoi animali forse ci riconoscono o forse no, ma pare che vogliano anche loro rassicurarla nel dimostrarsi particolarmente obbedienti in questa fase di passaggio di consegne. Caterina ha pensato a tutto: in sua assenza termineremo di sistemare il gazebo che necessita di una passata d’impregnante sulle tavole del pavimento e, tempo permettendo, passeremo qualche pennellata anche sull’antico carro di legno che abbellisce il giardino. Ovviamente daremo da mangiare a tutti i nostri coinquilini a quattro zampe e puliremo i box dei cavalli oltre ad innaffiare.

“Scrivetemi, mi raccomando.”

“Divertiti e riposati, fallo per te.”

Le giornate trascorrono calde e umide come previsto, tuttavia non disturbano come ci saremmo aspettati. La zona resta in qualche modo ventilata e a mezzora di macchina c’è pur sempre il mare per un tuffo.

I lavori procedono ed è la prima volta che restiamo soli in casa altrui, una realtà che genera la netta sensazione di vivere una vita come fosse sempre stata. La natura, gli animali, la pace nell’affrontare i piccoli obbiettivi di ogni giorno ci confermano che questo è tutto ciò che stiamo cercando. La zona geografica non è delle nostre preferite, eppure non importa, perché noi ci stiamo allenando alla nostra serenità. Non ci diciamo nulla ma lo sentiamo attraverso le nostre frequenze che fluiscono senza collidere all’interno di un universo che ci risponde, in silenzio, con un sorriso.

Persino lo sterco di cavallo sembra dolce. Nel 2017 quando abbiamo dato le dimissioni dalla nostra vita di prima, dentro di noi avevamo già stampata la fotografia di queste giornate semplici, che allora ci sembravano “vecchie” o forse fugaci nel senso letterale di “fuga”. Invece no, quelle fotografie eravamo già il noi che volevamo essere, predisposto da chissà chi dietro i nostri occhi ormai impossibilitati a guardare altrove.

Il modo in cui guardiamo il mondo è semplicemente il modo in cui noi siamo il mondo.

Ad un certo punto bisogna guardarsi e basta, Battiato lo diceva: “I desideri non invecchiano, quasi mai, con l’età”.

Ci ritagliamo qualche ora per andare a Comacchio e scopriamo che ci sarà la festa dei Marinati presso la Manifattura, un tributo annuale all’importanza dell’anguilla nella storia e nella tradizione del luogo. Prenotiamo anche un tour in barca di un paio d’ore dove restiamo affascinati dalle tecniche di pesca, ma soprattutto dal ciclo vitale di questo animale straordinario che parrebbe sempre sapere dove ritrovarsi nel pianeta per sopravvivere e prosperare. Il Mar dei Sargassi, un’immagine mitologica che apre la mia mente a una specie di gigantesca orgia sommersa di anguille.

Mentre Olga si ustiona sul ponte della motonave mi chiedo se anche noi umani saremmo tanto altruisti da decidere come sviluppare il nostro sesso in base alle esigenze della specie, ma mi rispondo abbastanza velocemente. Comacchio continua a sorprenderci nella sua forza, nella resistenza dei suoi “fiocinini” e nella sua capacità di reagire allo stravolgimento della valle nel corso della storia.

C’è soltanto un ronzio che continua a disturbare questo allineamento cosmico temporaneo nella nostra testa, perché ieri abbiamo ricevuto un messaggio di Paola Marchi su Facebook.

Non sappiamo chi sia, ma è una persona che dopo aver letto un articolo del blog ha deciso di scriverci per sapere se passeremo da Barga.

Dov’è Barga?

Prima di risponderle, Google ci ha confermato che si trova in Toscana, da qualche parte in provincia di Lucca, più o meno in Garfagnana. Poco fiero della mia ignoranza, scopro inoltre che si tratta di un borgo meraviglioso di quelli che si possono trovare soltanto in Toscana e rispondo che prima o poi passeremo volentieri, ma vorrei capire come potremmo essere utili. Inoltre le prossime tappe sono già programmate.

“Sentiamoci al telefono, chiamatemi”. E io la chiamo.

Paola è un fiume in piena. Mi parla come se ci conoscessimo da sempre, mi spiega tutto ciò che le è successo in vita sua, non mi chiede nulla. Mi riempie di talmente tante informazioni da non avere nemmeno il tempo di pronunciare una sillaba: il suo lavoro da insegnante, la costruzione di un “centro”, il portale cosmico di Barga, un rifugio in montagna.

Invaso da una sensazione mai provata prima, cerco di mettere ordine e comprendo che Paola, attraverso la sua associazione, ha partecipato a un bando pubblico per la gestione di un piccolo rifugio in un borgo sperduto da qualche parte verso le Alpi Apuane. Trassichilo, Tralissico… Trassilico… non si capisce nemmeno il nome. Pare anche che abbiano selezionato la loro offerta ma che adesso non ci sia più nessuno che la supporti in questo progetto, non capisco perché, ma comprendo che tutto ciò la proietta in un panico generale che non la aiuta nella comunicazione. Nel giro di due giorni deve dare una risposta.

“Potete aiutarmi?”

“Certo, mandami una mail con tutta la documentazione” è l’unica frase che mi riesce di pronunciare seppur senza logica, quasi mossa da uno spirito interiore di benevolenza.

Cosa possiamo fare noi per un rifugio in Toscana mentre stiamo verniciando un pavimento nelle campagne ferraresi?

Riattacco ed esco per chiederlo a Olga che si paralizza col pennello in mano e mi guarda come quella volta in cui tornai a casa, aprii la porta e dissi “prendiamo un bar!”.

Quella stessa volta, subito dopo, litigammo, ora invece abbiamo imparato a sederci, guardarci e ad ammirare l’incredibilità della vita prima d’intraprendere ogni altra mossa. È una sensazione che scarica dei brividi in tutto il corpo come fossero scosse di terremoti neuro-ormonali. Viene voglia di piangere, di correre, di ubriacarsi, di fare l’amore e di abbracciare un albero tutto contemporaneamente.

Il mondo si ferma e si lascia guardare per una frazione di secondo e tu ti senti fortunato di poterlo notare perché già sai che riprenderà a correre e tu resterai indietro. È un momento di nascita e morte immortale, un pizzicotto d’eternità.

Il telefono squilla di nuovo. È Paola: “hai visto la mail?”. La sua ansia è ormai fuori controllo, così mettiamo in pausa il nostro lavoro per poter provare a tranquillizzarla. Leggiamo il bando e cerchiamo di capire dove sia questo posto impronunciabile: Trassilico, ecco come si chiama, il classico borgo incantato sul cocuzzolo di una montagna, incastrato tra l’Appennino e le Alpi Apuane a dieci kilometri di tornanti dalla civiltà più vicina. Un paradiso.

Dico a Paola che devo dare da mangiare ai cavalli e poi possiamo aiutarla a completare le informazioni richieste grazie alla dimestichezza acquisita nella gestione di bandi nella mia “vita precedente”, e lei sembra quasi non stupirsi di questo perché: “lo sapevo, siete mandati dal cielo”. Nonostante la situazione surreale sento che bisogna andare avanti e mi rendo conto che sia io che Olga siamo sotto incantesimo e ci stiamo muovendo con naturalezza nei meandri di carte mai viste appartenenti a mondi mai visitati.

Paola insiste: “stiamo facendo un centro”.

Abbiamo quasi paura, ma più avanti capiremo e ora non abbiamo tempo di valutare la sanità mentale di ognuno di noi.

Nel giro di un pomeriggio il bando è completato e io sono al telefono con il sindaco di Gallicano che ci invita a vedere il rifugio lunedì. Lunedì è dopo domani e Gallicano resta a 190 kilometri di curve da noi, oltre l’Appennino.

Caterina sarà di ritorno, Paola è ancora nel panico e noi avremo la nostra giornata libera.

“Certo, lunedì va benissimo”.

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