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Giordania. Galleggiare. Sale.

Aggiornamento: 13 mag 2021

L’arrivo al Mar Morto avviene di notte, un cartello stradale indicante “Hotels area” ci proietta in un resort a dir poco incredibile. Il buio, nostro complice, non ci permette di renderci conto della vista panoramica dalla camera, cosa che invece si schianta ai nostri occhi con la prima luce del risveglio. Ai miei piedi, l’acqua blu della piscina sfiora la calma di quella laguna di sale grigia che è il mar Morto.



Di fronte a me le montagne d’Israele incrostate come dita sporche di gelato e dietro di me Chicco in mutande, a ricordarmi che “prima o poi devi morire”.


Tra russi pacchiani belli in carne e rumorose famigliole di arabi, facciamo la nostra colazione prima della passeggiata sulle acque. Prima di “immergerci”, se di immergersi si può parlare, ci ricopriamo di fanghi neri e melmastri che puzzano di scoreggia. Sembriamo tutti dei ninja maleodoranti e in pessima forma, sempre meglio delle immense babushki vicino a me le quali, così conciate, sembrano degi sciamani africani che si sono inghiottiti l’intera tribù. Qualcuno si ricopre a zone, c’è un uomo calvo magro e alto che sembra l’omino delle caramelle Tabù e altri ancora lasciano scoperta soltanto una gamba, come i ballerini di Amici di Maria De Filippi.


Nonstante la creatività, questi fanghi ci rendono tutti particolarmente uguali.


Nell’entrare in acqua, la prima sensazione è quella di essere in un mare qualsiasi, fino a quando mi accorgo velocemente di non riuscire a tenere le gambe immerse poichè la densità me le ripropone continuamente davanti o dietro la testa. Scopro presto che la soluzione è sdraiarsi, a pancia in giù o a pancia in su. Sì insomma, “fare il morto”.


Come probabilmente il 98 per cento della popolazione che ha sperimentato il Mar Morto, non resisto più di cinque minuti senza assaggiare l’acqua: il sale è talmente concentrato da rendere il mare amaro mentre sulla pelle i fanghi si sciolgono e rendono la pelle morbida come olio. Il terrore di una goccia nell’occhio mi paralizza.


Penso che stare sospesi sul mare deve essere un po’ come galleggiare nell’aria, una sinestesia naturale. Penso a cosa si staranno raccontando le babushki.

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