
I tetti, cime artificiali di finito domestico
dighe di infiniti intangibili
grigi
legni caldi, irrilevanti, sicuri.
Tappeti di pietra duri
codardi e isolanti
esclusivi,
balconi di libertà
recinti di incapaci esprimere
di vite stese.
Calzini ristrettì, tesi morbidi
nutriti da notti a metà tra
puntelli di luce e camini neri.
Nidi nascosti
lasciati
grondaie buche.
E l’acqua non piove, giusta, sui tetti
di colore rosso
faticose e intuite speranze
di vite racchiuse,
mute.